Categorie
storia

Vita e morte del Sasso di Simone

Dopo sei anni dall’avvio della fabbrica, Cosimo I fece visita al cantiere, era lunedì 18 luglio dell’anno del Signore 1572, soggiornò in zona per una settimana.

Soltanto l’anno successivo, nel mese di dicembre, i soldati medicei giunsero a presidiare quel luogo spettrale e freddo, che persino i frati avevano abbandonato. Sùbito partirono le lagnanze della soldatesca perché era freddissimo, la legna era bagnata, vi erano poche provviste e il vento “cacciava” la neve dappertutto. “Benvenuti nel Montefeltro”, ghignavano i duchi di Urbino che ben conoscevano le loro terre. 

La Città del Sasso ricostruita da John Betti per “Due minuti di storia” (riproduzione riservata)

A proposito di frati, la campana (di 300 kg) collocata presso la Città del Sasso fu letteralmente “rubata” ai ruderi dell’abbazia di Montecoronaro.

Fu addirittura costruita una cappella all’interno del palazzo del capitano, perché il vento e il freddo non consentivano neppure di raggiungere la chiesa di san Michele che si trovava a qualche centinaia di metri, al centro del Sasso. Un sole come stemma, la morte come sorella.

L’aquila dei Montefeltro nel disegno di John Betti (riproduzione riservata)

Cosimo passò a miglior vita il 21 aprile del 1574, senza vedere compiuta la sua utopia e lasciando il Sasso sospeso. Toccò al podestà di Sestino prendere il comando di quella città dei morti che era divenuta “Capitanato di Giustizia” per le comunità vicine, il ruolo che aveva la fortezza di San Leo per i duchi di Urbino. Servì il Sasso come piazzaforte per conquistare il ducato di Urbino? Assolutamente no. Quel luogo non servì ad alcunché se non a far imbestialire le comunità limitrofe, toscane.  

Vi abitarono al massimo un centinaio di persone in tutto che lagnavano che la terra del Sasso dava solo fieno per gli animali, non certo grano.

Vita quotidiana alla Città del Sasso (ricostruzione di John Betti, riproduzione riservata)

Siamo lontani dalla Città del Sole di Tommaso Campanella, idee che funzionano nell’utopia, ma che traslate nella realtà non possono funzionare. Molta filosofia, poca concretezza.

Al termine del XVII secolo le strutture, lesionate dal ghiaccio e dai venti dovevano già essere manutenute.

Nel 1627 sul Sasso restavano 46 anime infreddolite e inferocite. Nel 1673 fu ordinato il disarmo della fortezza e di lì a poco il Sasso tornò a lupi e briganti. I duchi di Urbino non ghignavano più, si erano estinti nel 1631.